martedì 11 giugno 2013

Quando un figlio non c'è più

Ho nelle bozze da circa tre giorni un post che parla dei progressi delle mie figlie.
Avrei voluto parlarvi del primo dentino della Pupetta, delle gemelle che si son fatte grandi, hanno la cameretta nuova. Avrei anche raccontato del fantastico week end montagnolo, week end fatto di amore, amicizia, risate e genuinità.
Ed invece ho iniziato a scrivere un altro post dal titolo orribile.
Perchè succede che il lunedì mattina sei già esaurita, perchè accompagni le tue figlie all'asilo alle nove e venti e sei già in ritardissimo, sudatissima e affaticata. Perchè credi che i problemi siano solo quelli, la casa da pulire, i pannolini da cambiare, il pranzo e poi la cena e le figlie grandi che fanno capricci (tanti) e tu talvolta non le reggi e pensi che avere figli è difficile, ma crescerli e farli diventare adulti lo è ancor di più.
E mi metto nei panni di quella mamma che per una fatalità ha perso il suo primo figlio. E mi sento in colpa, terribilmente in colpa, perchè quella mamma, se potesse, lo abbraccerebbe mille e mille volte ancora.
E credo che è contro natura.
Una mamma non deve portare il proprio bimbo nella tomba. Non può essere. Non deve andare così.
Eppure succede. Ed io credo che il dolore più grande che una donna possa provare in vita sua sia la perdita di un figlio.
Fino a stamattina non avevo realizzato che fosse accaduto davvero. Ci pensavo ma non mi inquietava più di tanto. Come se fossi uscita dal mio corpo, ero fredda e distaccata.
Ma da qualche ora, forse perchè la salma sta giungendo in paese proprio in questo momento, sto male, penso alla mamma del piccolo e cerco di capire quale sia il progetto di Dio, visto che chiama a sè le anime innocenti che meritano di vivere.
Riposa in pace Giancarmine.